Geniale, irriverente e audace.
Se penso a Bansky sono queste le prime tre caratteristiche che mi vengono in mente per descriverlo.
La scorsa settimana sono andata a vedere insieme ai miei amici Paola e Valerio la mostra “A visual protest. The art of Bansky” al MUDEC, il museo delle culture a Milano.
Nella mostra su Bansky (non approvata da Bansky) sono esposti alcuni dei suoi dipinti più famosi, attraverso immagini, video e fotografie.
Qui prende vita tutto il genio creativo e il profondo senso di ribellione che Bansky ha nei confronti della società e che noi adesso andremo a scoprire!
Quindi zaino in spalla e… si parte!
Un mio professore del liceo diceva sempre che non è possibile conoscere le opere di un autore, senza prima conoscerne la vita.
Sono sempre stata dell’idea che avesse ragione.
Ogni artista riesce a trasmettere nei propri capolavori un messaggio, più o meno nascosto, che vuole comunicare al mondo. Ci sono autori con una personalità e un carattere talmente forte che appena vedi una loro opera riesci subito a capire di chi si sta parlando.
Questo è il caso di Bansky. Nonostante sia uno dei graffittari più conosciuti al mondo e le sue opere siano in grado di influenzare decisioni sociali e politiche, l’identità di Bansky è ancora avvolta nel mistero. Come i più grandi supereroi, compare nella notte, lascia un suo messaggio e scompare nelle tenebre.
Il giorno successivo la notizia del nuovo “colpo” compare su tutti i giornali.
Tv e radio ne parlano in continuazione, governi e politici iniziano a rilasciare dichiarazioni e comunicati stampa e uno stuolo di accaniti fan si reca sul posto per osservare il nuovo capolavoro comparso dal nulla, spesso prima che venga cancellato.
Di origini inglesi, crea le sue opere in giro per il mondo.
Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Australia, Israele… Ogni Paese può diventare l’ipotetica tela del suo stile!
Credo che quest’aura di mistero e di imprevedibilità sia una delle cose che fanno amare di più Bansky.
Nella mostra “A Visual Protest. The Art of Banksy” che si tiene dal 21 novembre 2018 fino al 14 aprile 2019 al MUDEC, vengono esposte oltre 80 opere del famoso writer.
È articolata in diverse sezioni che permettono di raggruppare e identificare lo stile irriverente dell’autore.
Come tutti i più grandi autori anche l’arte di Bansky è caratterizzata da alcuni elementi che ritornano nelle diverse opere.
Mentre per Degas il riferimento per eccellenza è dato dalle ballerine, quello di Bansky è legato ai… topi! (decisamente meno elegante e raffinato).
Bansky tuttavia fa un’analisi cruda quanto reale. Secondo l’autore infatti questi animali “sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in una tranquilla disperazione nella sporcizia. Eppure sono in grado di mettere in ginocchio l’intera civiltà. Loro sopravvivono a un disastro nucleare, noi no”.
Mi sono fermata a riflettere su questo concetto ed effettivamente è vero: alcune malattie portate dai topi sono stati in grado di decimare la popolazione umana.
Topi e graffittari, secondo Bansky, presentano un comune denominatore: vivono ai margini della società, nelle zone più periferiche e degradate.
Nelle sue opere Bansky riesce però ad assegnare ai topi e ai ratti una connotazione puramente umana: svolgono i lavori più svariati e assumono un ruolo attivo all’interno della società.
Un altro tema molto caro a Bansky è quello della guerra e in particolare alla lotta contro di essa.
A differenza di molte persone che vedonole battaglie come l’unica soluzione per sconfiggere i mali del mondo, l’autore reputa che sia solo un danno e una malattia che deve essere sconfitta. Le guerre non portano altro che distruzione e morte e non risolvono nessun tipo di problema.
Attraverso le sue opere, Bansky invita indirettamente alla ribellione, all’importanza di opporsi a determinate situazioni e cause che possono portare la nascita di conflitti.
La sua attività di ribellione nei confronti delle armi si manifesta anche nella presa in giro di determinate circostanze: poliziotti che presentano uno smile al posto del viso o un elicottero sormontato da un enorme fiocco rosa.
Due sono i quadri che mi sono rimasti più impressi in questo senso: il ribelle palestinese colto nell’atto di lanciare un mazzo di fiori anziché una bomba a mano e una bambina con un palloncino a forma di cuore che sta volando via, simbolo di tutti gli innocenti che durante il conflitto in Siria hanno perso i propri cari.
Ogni opera deve essere osservata attentamente perchè niente è come sembra.
Da lontano, un graffito potrebbe assumere un particolare significato, ma avvicinandosi, grazie ai particolari in esso presenti, ci rendiamo conto che l’idea che eravamo fatti in realtà era sbagliata. Tutto è diverso da come può sembrare a un’occhiata lanciata di sfuggita.
A differenza di altre mostre, queslla di Bansky è intensa e forte allo stesso tempo. Ti fa riflettere. Ti obbliga a guardare con occhi nuovi cosa avviene nel mondo.
Riesce a turbare e rompere tutte le certezze.
Non è una mostra facile da vedere, anzi.
Uscire da quelle sale senza un groppo in gola è praticamente impossibile. Ma la bellezza delle sue opere risiede anche in questo: nella capacità di turbare e allo stesso tempo far riflettere.
Nome completo: “A visual protest. The art of Bansky”
Quando: Dal 21 novembre 2018 fino al 14 aprile 2019
Prezzo:
1 giorno
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